Le buone intenzioni, tipiche di ogni inizio anno, non ci aiutano a cambiare, anzi, alimentano la stasi; meglio evitarle se vuoi ottenere dei veri cambiamenti
“Basta! Cambierò!
Giuro che, da domani, cambierò!”. Quante volte lo diciamo, a noi
stessi e a chi ci è vicino. È la frase tipica dei momenti di
difficoltà, nei quali capiamo che “così” non si può più
andare avanti. Ci rendiamo conto, di fronte all’ennesimo rimprovero
o pessimo risultato, di avere delle responsabilità dirette in quel
che si è creato: ad esempio stiamo esagerando coi ritmi lavorativi,
oppure stiamo diventando troppo egocentrici nella vita di coppia, o
stiamo trascurando la salute; continuiamo a cadere negli stessi
errori come se non apprendessimo nulla dalle esperienze precedenti.
Qualcosa scatta dentro di noi e ci fa dire che “questa volta” è
davvero il momento di cambiare. Non come le altre volte in cui
abbiamo fatto proclami e non è cambiato nulla….
L’inerzia smorza i buoni propositi
In molti casi, però,
qualcosa va storto. Nel giro di pochi giorni, spesso anche solo di
qualche ora, questa bella presa di coscienza si smorza e,
velocemente, al suo posto ritorna il “pilota automatico” che fa
andare avanti la mente esattamente come prima. Ma perché è così
difficile seguire quelle preziose intuizioni? Perché lo è anche
nelle cose che sembrano decisamente a portata di mano? La risposta
risiede nella forza d’inerzia del nostro sistema nervoso (e, di
conseguenza, della mente e della psiche). In pratica, quanto più
siamo radicati in uno schema di abitudini e di concezione di noi
stessi, tanto più questo schema tenderà a riprendere il sopravvento
e a perseverare. Anzi, “spaventato” dalla presa di coscienza, si
affermerà con ancor più intransigenza.
Fallo subito, non domani
Cambiare alcune cose in
corsa, mentre si è in piena routine, richiede quindi un cambio di
atteggiamento mentale, prima ancora che un cambio di comportamento.
Anche perché è proprio il pensiero “domani cambierò”, così
formulato, a porre le basi per il fallimento dei buoni propositi. “
Da domani” significa in realtà “non adesso”, e questa è già
un’intenzione debole. Significa: si vedrà, valuterò, ora no, ora
sono stanco, ci penso su. Una forte presa di coscienza, invece, è un
dono, una sorta di grazia, di risveglio a se stessi, e non può
essere trattata come un fatto ordinario, come qualcosa da mettere
nella lista delle cose da fare domani. Ha il massimo della sua
energia ora, nel momento in cui ci appare così necessaria e, se non
facciamo qualcosa “ora” - qualcosa che metta già il primo
tassello del cambiamento necessario - la possibilità che essa si
sgonfi è elevatissima. L’intuizione perciò ha bisogno di
un’azione che la fissi, che le dia un gancio al quale aggrapparsi
per non ricadere nell’inconscio.
Non devi dimostrare niente
Fare qualcosa “ora”,
però non significa dover dimostrare chissà che, in modo artificioso
o posticcio. Non vuol dire “fare subito il contrario di quanto
facevo prima”. Anzi: più grande è il cambiamento che chiediamo a
noi stessi, più facilmente quel “domani” diventa un prendere
tempo per non fare niente. Quel che serve è un cambiamento
istantaneo nell’interiorità. Cambiare mentalità significa in
primo luogo smettere di avere certezze e schemi fissi. Significa,
tornando agli esempi iniziali, dire: “Non so perché sto esagerando
al lavoro, perché sono egocentrico in coppia, perché trascuro la
salute; perché cado negli stessi errori. La differenza è che ora
osservo questi eventi, quando accadono, senza condannarli, senza
dirmi come dovrei essere”. Questo sguardo, da solo, può mutare
profondamente il corso degli eventi.
Ecco il tuo rito anti-inerzia
Quando osserviamo noi
stessi, qualcosa nella nostra natura sta già cambiando. Anzi è già
cambiato, ma va protetto dall’inerzia, dai luoghi comuni e dalla
passività. Diciamo che c’è bisogno di dare sacralità al momento.
Ci si ferma, ci si raccoglie in se stessi, si pensa bene a tutto
questo. Per mezz’ora si spengono i cellulari, il televisore, il
computer e si crea il silenzio capace di favorire l’aggancio del
buon proposito con la volontà profonda. Magari si scrivono due righe
su un foglio e poi lo si brucia in un piccolo braciere, mentre si
accende un bastoncino di incenso. Oppure si inventa una piccola
formula da ripetere ogni giorno, al mattino, ad esempio: “Anche
oggi mi incammino sulla mia strada, affidandomi alla vita”. Occorre
un piccolo rito, un’azione che metta in contatto le varie parti di
noi. La “mente rituale” non è un’invenzione delle religioni,
anzi: affonda le sue radici nel cervello profondo. Per questo un
atteggiamento cerimoniale è in grado di radicare la mente più di
mille diktat della ragione. In questo modo “domattina”, al
risveglio, saremo già svegli sui cambiamenti da fare.
Vuoi cambiare davvero? Ecco tre consigli pratici
Non raccontartela
Spesso, perlopiù
inconsciamente, usiamo i buoni propositi proprio per non cambiare.
All’inizio di ogni anno, a ogni ricorrenza, in ogni crisi ci
culliamo nell’idea di un “cambierò” che non verrà mai.
Smettiamola di usare i propositi come un anestetico momentaneo
perché, vissuti così, offrono una falsa speranza che lascia intatti
i problemi.
Evita i proclami
Se vuoi dare una mazzata
ai naturali mutamenti che devono avvenire in te, annunciarlo al
nostro mondo è la cosa migliore: creerai aspettative e poi farai la
figura del parolaio, anche con te stesso. Stai in silenzio: ciò
renderà più concreto il delicato passaggio ed eviterai di voler
predeterminare il risultato, rischiando di soffocarlo nella culla.
Gli altri non devono saperlo prima: devono accorgersene da soli. Solo
così ne prenderanno atto.
Ignora gli scettici
Occorre saperlo prima,
per non restarci male dopo: gli altri non ci credono. Non tutti
ovviamente, qualcuno che approverà i cambiamenti che saprai portare
alla tua vita lo troverai, ma spesso incontrerai scetticismo,
cinismo, diffidenza o aperto rifiuto. Alcuni addirittura, vedendoti
stare meglio, si sentiranno traditi. È fondamentale non farsi
scoraggiare da questo scetticismo e sapere che, d’ora in poi, sarà
più facile riconoscere chi ti è davvero affine e chi ti sta vicino
soltanto perché “mal comune mezzo gaudio”.
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